E' lecito interrogarsi sul futuro delle relazioni tra Stati Uniti e Unione Europea dopo il ritorno di Trump alla Casa Bianca. Le prospettive sono, nella migliore delle ipotesi, problematiche, sul fronte di possibili nuovi dazi, ma non solo.
"L'Europa deve impatare a svilupparsi da sola". Pensiero di molti e parole testuali di Mario Draghi. E l'appello ripetuto da tutti è di restare uniti. Ma solo un'anima unita è capace di procedere senza rattoppi, nella linearità di un cammino condiviso. E l'Europa di un'anima avrebbe un gran bisogno, Jacques Delors lo aveva ben compreso alla vigilia della svolta impressa dal Trattato di Lisbona.
Tutt'altro sta avvenendo in questi giorni di confuso riassetto dei criteri guida. Eppure tanti, fuori dalle vorticose logiche delle istituzioni europee, si chiedono con semplicità e inquietudine: chi salverà il mondo? Iperbole per significare che guerre, devastazioni climatiche e tecnologie sempre più pervasive obbligano a fare i conti con il timore che l'Europa da sola non possa farcela a difendere valori considerati universali, come i diritti umani, la libertà, il rispetto delle regole tra Stati e sopratutto, la sua svolta all'avanguardia per un impegno concreto in favore del pianeta. Nella scorsa legislatura il vessillo di tanta determinazione prese il nome di Green Deal.
Ora i timori sono che populismi, sovranismi e nazionalismi di diversa ispirazione e matrice trovino infine uno stabile aggancio alla sponda trumpiana; lasciando dall'altra parte del fiume gli eurpeisti convinti. E che l'esito sia un consenso interno sempre più fragile e frammentario.
Ma cosa significa oggi essere un eurropeista convinto? Cosa significa oggi rispetto solo a cinque anni fa, a prima della pandemia, a prima della guerra in Ucraiana? E' urgente avere una risposta, non solo a livello di istituzioni europee e di partiti politici, ma nel sentire comune dei cittadini europei, perchè solo un'anima unita è capace di resilienza. Un recente sondaggio Eurostat pone incima alle preoccupazioni degli europei proprio il clima e le conseguenze imprevedibili del suo cambiamento. E allora essere un europeista convinto poteva dire sino ad oggi battersi per invertire la rotta, assurgendo a modello di rigore e coerenza, com'è giusto che sia quando il tempo non è più dalla tua parte. E' motivo di orgoglio porsi alla testa di una battaglia giusta.
Ma qualcosa si è messo di traverso. Gli agricoltori, i produttori di auto e poi l'intera comunità industriale europea hanno progressivamente allungato l'elenco di quanti vogliono la rivoluzione, ma oggi no, domani forse, ma dopodomani sicuramente.Da ultimo il voto ieri al Parlamento europeo per depotenziare il regolamento sulla deforestazione, con la spaccatura eclatante tra i partiti che sino ad oggi si ritenevano europeisti e uniti, ha dato il colpo di grazia alla credibilità dell'Europa in questa battaglia.
Trump si annuncia emule di se stesso nel disimpegnare gli Stati Uniti da ogni impegno globale per il clima. L'Europa rischia di diventare il simulacro di se stessa serbando l'apparenza, ma non la sostanza di una transizione verde efficace. E allora, chi salverà il mondo?
CLS