3.07.2016
Il controverso accordo tra Turchia e Unione sul controllo della rotta balcanica ha superato ormai il primo trimestre di operatività. Molto è stato scritto su questo “patto col diavolo” che esternalizza la gestione delle frontiere appaltandola alla Turchia, in cambio di un contributo per l’attuazione di sei miliardi di euro e la ripresa dei negoziati per l’adesione all’Ue. Alcuni commentatori considerano l’accordo un potenziale strumento di ricatto nelle mani di Erdogan, che sarebbe libero di utilizzare la regolazione dei flussi come una valvola da azionare a proprio piacimento per mettere sotto scacco l’Europa in futuro su tematiche specifiche.
Bruxelles, 1° marzo 2022
Nell'intento di rafforzare l'incisività delle misure contro la Russia e indurla a tornare sui propri passi, l'UE ha compiuto un nuovo balzo in avanti. Ieri il Consiglio ha deciso di utilizzare per la prima volta la European Peace Facility per inviare armi letali all'Ucraina, allo scopo, secondo le regole di ingaggio previste per questa operazione che strumentale sempre alla prevenzione , ripristino e mantenimento della pace. Nello specifico copre tutte quelle azioni che abbiano un'implicazione sul piano militare e della sicurezza. Dunque, la guerra in Europa tra Russia e Ucraina risponde in pieno ai criteri indicati; tuttavia, consentendo l'invio di armi di fatto l'Europa ha deciso di giocare su due piani: in primo luogo, si palesa in controluce l'inattesa possibilità che la resistenza opposta dagli ucraini all'avanzata dei russi possa invertire e capovolgere gli apparenti equilibri di forza più delle stesse sanzioni, senza dubbio di non poco impatto, adottate dall'UE. Dall'altro lato non si rinuncia al braccio di ferro sul piano economico tra la Russia gigante energetico e l'Europa che alla dipendenza preferisce la superiorità morale e internazionale. Si cerca in questo modo di smuovere anche le coscienze interne alla stessa Russia, perché sscelgano di stare dalla parte giusta della storia. Ma vediamo nel dettaglio le nuove misure adottate.
Sono vietati i voli di operatori russi in direzione o provenienza dall'Europa. Completamente. Sono vietate tutte le operazioni relative alla gestione delle riserve e delle attività della Banca centrale di Russia.
A titolo dello strumento dello strumento europeo per la pace (EPF) vengono stanziati 450 milioni di euro per finanziare la fornitura alle forze armate ucraine di materiale e piattaforme militari concepiti per l'uso letale della forza. Sono previsti poi ulteriori 50 milioni di euro in forniture non concepite per l'uso letale della forza quali dispositivi di protezione individuale, kit di pronto soccorso e carburante.
Certo, nessuno avrebbe immaginato che questo nuovo strumento, istituito nel 2021, avrebbe avuto quale banco di prova proprio il gigante russo, con cui l'Europa intrattiene molteplici relazioni commerciali ed economiche. E sopprattuto prima che gli stati europei si fossero dotati della c.d. Bussola Strategica per una politica di difesa comune. Si sa, i balzi in avanti o innovano o precipitano le cose. I prossimi giorni daranno l'esito.
CLS
Bruxelles, 28 febbraio 2022
Gli eventi che si stanno verificando in Ucraina in questi giorni appartengono all'ordine delle cose imponenti.
Imponenti nel senso letterale del termine, quel tipo di cose che "si impongono" (per dimensione, gravità, forza,ecc.) e che al contempo "impongono" alle nostre coscienze e intelligenze modi non abituali di guardare e valutare la realtà; come la possibilità attuale della tragedia, la concretezza e vicinanza del dolore, la forza improvvisa e incontrollabile del male.
Il tutto sulla nostra terra. Perché l'Ucraina è Europa e gli ucraini - come i russi - sono europei.
I popoli, le società civili stanno reagendo come possono: con manifestazioni di massa (es. Berlino), di solidarietà (ovunque) di accoglienza (Polonia e Romania).
Ma cosa stanno facendo le grandi organizzazioni che la nostra civiltà ha creato appositamente per limitare e gestire i conflitti che la vita e la storia periodicamente pongono in essere?
Partiamo dall' ONU. E' stato immediatamente convocato il Consiglio di Sicurezza ove è stata proposta una risoluzione di condanna della Russia. Risultato: 11 voti a favore, 3 astenuti (Cina, India e Em. Arabi), 1 veto (Russia); risoluzione bloccata. Gli altri 170 paesi membri non hanno avuto altro modo per mostrare il loro sostegno all'Ucraina se non quello di alzarsi per un lungo applauso dopo le parole più che adeguate (chiedevano un minuto di silenzio per le vittime innocenti) dell'ambasciatore ucraino.
L'Unione Europea. Dopo i primi giorni di tentennamenti sembra stia rendendosi conto che non si può stare al traino degli USA quando il dramma si svolge sulla porta della tua casa.
E ieri sono iniziate le prime sanzioni serie e visibili. A oggi pare proprio che gli Stati membri dell'UE questa volta abbiano imparato ad agire insieme, lavorando su obiettivi concreti e misurabili. Il Covid ha insegnato qualcosa.
Per la prima volta nella sua storia l'UE ha deciso di fornire armi letali ad uno Stato terzo per la sua difesa.
Gli USA. Al di là delle parole forti del presidente Biden la loro azione e reazione é decisamente al di sotto delle possibilità contenute nel loro portafoglio.
La NATO. La NATO non è solo una struttura militare, ma all'interno dell'Alleanza Atlantica anche e soprattutto un attore di tipo strategico che opera su più piani, come quello economico, di controllo delle materie prime, delle vie globali di rifornimento, ecc.
Per ora sta agendo sopratutto su questo piano; ed è bene che sia così.
Rimane la Russia con i suoi alleati (Bielorussia). Perché Putin ha scatenato tutto questo? cosa ne spera? cui prodest?
Difficile rispondere. E forse non essenziale, a questo punto.
Vi è però una domanda che prima o poi noi europei dovremo porci e intorno alla quale forse alcuni insegnanti saranno chiamati a ragionare con i propri studenti; ed è la seguente: posto il rifiuto della guerra (vedasi Costituzione Italiana) quali strumenti si devono usare per "fermare il braccio che colpisce l'innocente"?
La società europea che uscirà da questo confronto dovrà aver fatto almeno qualche passo avanti nella capacità di distinguere e vivere congiuntamente il "rifiuto della guerra" e "l'applicazione della giustizia".
Piercarlo Valtorta
Bruxelles, 28 febbraio 2022
Colpisce in questa situazione difficile da decodificare la novità assoluta delle decisioni adottate ieri dall'Europa e singolarmente da alcuni suoi stati membri: ossia l'invio di armi all'Ucraina. Che siano letali, come contestato da alcuni politici italiani, è difficile da negare: tutte le armi sono letali, sono fatte apposta per essere tali. Ma allo stesso tempo l'Europa ha fatto un altro passo. Ha chiuso i confini europei ai media russi in un tentativo di contrastare la guerra di propaganda condotta dalla Russia e dai suoi alleati. Sembra di evocare qui l'interesse legittimo che ogni volta che ti ritrovi nelle lande sperdute di internet pensando di essere al riparo da sguardi indiscreti, ti viene chiesto invece di accettare perché ogni sito ha un prezzo occulto e ne devi essere consapevole e pronto a pagarlo. Ora, se nel nome dell'interesse legittimo non precisate parte terzi possono sapere tutto di te, suona un paradosso che nel nome dello stesso interesse legittimo l'Europa stabilissca che non si debba sapere più nulla di quella che pensano ufficialmente i russi. Siamo in guerra, insomma, su tutti i fronti ormai. Guerra diretta sul piano della propaganda e guerra per interposta persona ( osssia la sventurata Ucraina) sul piano del confronto militare. Speriamo che spararle sempre un po' più forte dell'avversario nel primo campo serva ad impedire che lo stesso accada nel secondo.
Clotilde Lombardi Satriani
Bruxelles, 26 febbraio 2022
Spicca un paradosso nella complicata e pericolosa vicenda della guerra in Ucraiana. Mentre i leader europei cercano l'accordo, per ora non trovato, sull'opportunità di colpire la Russia con sanzioni "devastanti", come spesso annunciato facendo eco alle dichiarazioni di Biden, i beni di lusso compresi i diamanti scivolano inosservati dal paniere delle sanzioni approvate. Quanto vale la vita di un ucraino? Senz'altro meno di un diamante, verrebbe da dire. La giustificazione addotta, a parziale copertura ed in soccorso all'Italia ed al Belgio responsabili in ultima analisi di questa scelta, sarebbe l'ininfluenza di tali beni sull'economia russa, che invece si è scelto di colpire con ben più incisive misure a carattere finanziario e nei settori dei trasporti, dei trasferimenti tecnologici e della libera circolazione delle persone implicate a vario titolo con il regime di Putin. Magari sarà anche vero, eppure resta l'amaro in bocca nel constatare che certi vizi di ricchezza sfidano impavidi i carriarmati e trovano sempre adepti disposti ad anteporli a qualunque altra considerazione. Anche solo morale, al pensiero dei riccastri russi che incuranti di tutti continueranno a fare shopping a Milano e ad Anversa.
Si parla di rifondare l'Europa, di un futuro nuovo per il sogno europeo, ma intanto ricordate a quanti si prodigano in fiumi di parole che in Grecia come in Polonia, insomma alle frontiere dell'Europa, la pratica dei respingimenti dei migranti, che sia in mare o nei boschi gelidi della Bielorussia, è diventata procedura ordinaria; a volte, come è stato in Polonia, condita con le buone intenzioni di offrire un viaggio di ritorno gratis nel paese da cui sono fuggiti.
Da cosa si riparte se non dalla persona? Dalla tecnologia magari? O dalla scienza? O più semplicemente dai soldi?
L'Europa si mostra vulnerabile al cospetto della guerra in Ucraina non perché sprovvista del potenziale bellico per eventualmente difendere i proprio confini in caso di aggressione, ma perché proclama valori vuoti e al momento dei fatti sparisce e passa nelle retrovie. Come sta accadendo al povero Zelensky che si è ritrovato di colpo completamente solo di fronte alla collera di Putin.
Clotilde Lombardi Satriani
8 febbraio 2022
Al commissario Thierry Breton non piace la parola "campione". O meglio, va bene se parliamo di campioni del calcio o di qualche altra disciplina sportiva, ma no, se parliamo di imprese la parola proprio non gli piace. Forse perché evoca una gara dove dovrebbe vincere il migliore, in teoria. Non quello che è pagato di più. Si perché oggi la Commissione europea ha compiuto un passo importante con l'adozione del Chips Act, una serie di misure che dovrebbero permettere all'Europa di limitare la sua dipendenza dall'estero e magari provare ad affermare una propria leadership nel settore dei semiconduttori e dei microprocessori. Si, proprio quei dispositivi che consentono alle nostre vite di essere sempre più tecnologicamente dipendenti. Che si tratti della sanità, dell'automobile, delle telecomunicazioni o della difesa, oggi la differenza si misura in nanometri, per cui il traguardo ora è rappresentato dalle nuove palette in silicio dello spessore di 1.4 nanometri. Ma...però c'è un ma. Grande quanto quel pilastro del mercato unico europeo che si chiama principio di libera concorrenza e che da sempre ha stabilito che gli aiuti di stato sono illegittimi perché alterano artificialmente la competizione tra imprese. Ora invece il Chips Act, oltre a mobilizzare 11 miliardi di euro, consente agli Stati membri - in via eccezionale nelle intenzioni della Commissaria Vestager, il che significa sino al 2030 - di derogare alle regole sugli aiuti di stato ed investire sino a 30 miliardi di euro in Progetti di Importante Interesse Comune Europeo e nelle c.d. Mega Fabbriche. In realtà, a forza di deroghe è dall'inizio della pandemia COVID-19 che gli aiuti di stato non sono più aiuti ma legittimi interventi di protezione. Con il risultato, certificato nell'ottava relazione sulla politica di coesione, che le disparità regionali sono in calo dal 2008, ma restano più grandi di quanto non fossero nel periodo precedente la crisi economica.
CLS
Bruxelles, 24 febbraio 2018
La riunione informale dei Capi di Stato e di Governo che si è tenuta ieri a Bruxelles non ha ovviamente preso decisioni, ma ha senza dubbio dato significative indicazioni su alcuni temi europei di interesse strategico; quali: la composizione del prossimo Parlamento Europeo, le modalità di scelta del futuro presidente della Commissione europea e le linee portanti del prossimo Quadro Finanziario Pluriennale(QFP).
Prima di entrare nel merito dei singoli temi può essere utile ricordare che il vertice di venerdì si colloca all'interno della cosiddetta "Agenda dei Leader", ossia quel programma di lavoro che i leader europei si sono dati per orientare l'azione della UE nei prossimi due anni e affrontare le principali sfide che abbiamo di fronte.
Bruxelles, 16 febbraio 2018
E' iniziato in questi giorni il processo istituzionale per l'approvazione di uno dei tanti regolamenti europei. Questo è però un regolamento particolarmente significativo, poiché si occupa specificamente di Industria della Difesa e solo di Industria della Difesa; è questo fatto è una novità assoluta.
Sino ad oggi l'UE non si è occupata , in forma comunitarizzata, di sicurezza e difesa se non in modo indiretto; attraverso la Ricerca e Sviluppo Tecnologico - ad esempio - e comunque in un'ottica di progettualità duale (civile e militare) ove a prevalere era sempre l'applicazione civile
Bruxelles, 22 dicembre 2017
La vicenda Catalana è una vicenda assai complessa, con implicazioni capaci di toccare molti piani della vita sociale di una nazione e di un popolo. I fatti spagnoli di questi ultimi giorni possono essere analizzati da vari punti di vista: politico, istituzionale, sociologico, ecc.
Vorrei provare una riflessione da un punto di vista specifico e particolare; quello che riguarda l'UE e il suo processo di unificazione, ossia rispondere al quesito: quali domande pone all'UE dalla questione catalana?
Bruxelles, 20 dicembre 2017
Il 20 dicembre è entrato in vigore il nuovo regolamento europeo sulla metodologia per il calcolo e l’applicazione dei dazi anti-dumping. A prima vista potrebbe apparire come una delle tante normative che Bruxelles c’impone nella convinzione di agire per il bene comune di tutti i cittadini europei. In realtà questo nuovo passo nella politica commerciale europea segna una profonda rivoluzione nel modo stesso di intendere il concetto di interesse comune
30.06.2016
L’8 giugno a Strasburgo i vice presidenti della Commissione Timmermans e Mogherini hanno levato il sipario su quello che viene ancora chiamato “migration compact”, mutuandolo dal nome dell’originaria proposta italiana, ma che in realtà è giuridicamente costituito non da un unico, ma da una serie di “compacts” con alcuni paesi terzi chiave, nello specifico Etiopia, Libano, Giordania, Mali, Niger, Nigeria, Senegal, ma che mira a comprenderne altri 9. Il Consiglio europeo del 28 giugno ha per buona parte avallato la strategia, con qualche modifica significativa. In particolare gli Stati membri non hanno ancora raggiunto un accordo circa la copertura finanziaria delle nuove partnership previste.
Bruxelles, 1 febbraio 2016 - Piercarlo Valtorta
Con questo quinto articolo giunge al termine il nostro percorso di riflessione sugli aspetti macro , sia economici che sociali, del rapporto UE-Italia. Queste note conclusive sono, allo stesso tempo, punto di partenza per ulteriori riflessioni (vedasi la politica estera e di sicurezza, ecc) che svilupperemo nel prossimo futuro e nella stessa formula giornalistica.
Bruxelles, 25 gennaio 2016 - Piercarlo Valtorta
Quarto momento del nostro percorso di riflessione sul rapporto UE-Italia. Dopo aver considerato la situazione e gli attori in campo, può essere utile chiarire quale può essere il comune obiettivo. Quale dei due contendenti mostra di ricordare meglio che lo scopo della politica è il bene dei cittadini? E come ricorda ciò nella sua azione concreta?
Bruxelles, 18 gennaio 2016 - Piercarlo Valtorta
Terzo passo della nostra riflessione sul rapporto UE-Italia. In questo caso l'articolo si concentra sulla situazione italiana, cercando di approfondire i temi di confronto-contrasto con l'UE.
11 gennaio 2016 - Piercarlo Valtorta
Segue la seconda parte della riflessione sul rapporto UE-Italia. L'articolo intende soprattutto riflettere lo stile che l'UE pare abbia voluto assumere a partire dal Trattato di LIsbona.ceca di definire
Bruxelles, 4 gennaio 2016 - Piercarlo Valtorta
Inizia con il presente articolo un percorso di riflessione sul rapporto UE-Italia, resosi attuale anche alla luce delle ormai ripetute tensioni tra il premier Renzi e varie autorità dell'UE. Il percorso parte con una prima riflessione economica, che si articolerà su cinque articoli. L'offerta che si vuol fare al lettore è quella di un approfondimento, basato -pur nella limitatezza di uno scritto giornalistico- il più possibile sui dati e sui fatti.
Nell’era del progresso, alcuni valori fondamentali dovrebbero essere talmente acquisiti da non aver bisogno di discussioni o ricerche. Uno per tutti, l’uguaglianza di genere. È tristemente noto invece che non è così, come messo in luce dalle notizie che, da tutto il mondo, riportano casi di violenze, soprusi e discriminazioni subite dalle donne, in casa, sul lavoro, nei luoghi pubblici. Ovunque. Sembra che per le donne nessun luogo sia sicuro e protetto.