L'ombra della delusione si allunga sull'Europa all'indomani all'indomani del Joint Statement UE - USA sull'assetto nel suo complesso, dazi inclusi, delle relazioni commerciali tra le due sponde dell'Atlantico. E con la delusione si fa strada un pensiero di dubbio: a che vale stare insieme se alla prova dei fatti pochi decidono per tutti una resa incondizionata?
L'Unione Europea, che non è mai stata avvezza alla durezza del braccio di ferro, è stata regina del c.d. soft power, che le ha permesso sino ad oggi di avere presa sui suoi interlocutori commerciali in virtù unicamente del prestigio e dell'attrattiva del suo speciale mercato unico.
La diplomazia esercitata con arte attraverso gli accordi commerciali ha avuto le sue zone d'ombra negli equilibri istituzionali europei, giacchè il Parlamento Europeo, conscio che in commissione Affari Esteri (AFET) poteva fare ben poco, ha sempre più affinato il suo ruolo attraverso la commissione per il commercio internazionale (INTA), con un approccio concreto ma al contempo pregno di valenze ben oltre il piano commerciale. Epico lo scontro nel 2015 sul TTIP, ma anche la netta presa di posizione, nello stesso periodo, nei confronti della Turchia, cui fu negato l'allargamento della unione doganale a motivo dei suoi misfatti in materia di diritti umani.
Oggi l'Europa si scopre non più corteggiata, ma presa a sberle da chi l'accusa, a dispetto di ogni evidenza dei dati, di nuocere agli interessi deli Stati Uniti, di prendere senza dare, di imporre flussi unilaterali.
E l'Europa, pur di evitare il peggio, ha accettato la gogna. ha ceduto alla logica di vecchia memoria, secondo cui il commercio internazionale non può essere basato sulla libertà degli scambi, ma necessita di un sistema di dighe mobili che ne orienti l'evoluzione. Tutto questo si è reso inevitabile per la delegittimazione del WTO, che un tempo fungeva da semaforo contro la violazione del tracciato imposto dalle regole.
L'Europa s'indebolisce sul piano economico, proprio nel momento in cui divrebbe essere più forte che mai sul piano diplomatico e militare. E per la prima volta viene da chiedersi a che giova restare uniti a testa alta davanti a Putin, se poi nella trattativa con gli Stati Uniti consegniamo le armi senza neanche provare a combattere, a dispetto di un esercito che conta ben 450 milioni di soldati in servizio permanente.
Sapranno i leader europei che se perdono nei confronti delle imprese, e magari anche di quei cittadini che chiedono a gran voce zero immigrati piuttosto che zero emissioni, alla fine più di uno dirà che ha fatto bene la Gran Bretagna?
CLS